TEORIA DEL CAOS
Il 29 dicembre 1979, il fisico Edward Lorenz [LOR79] presentò alla
Conferenza annuale dell'American Association for the Advancement of Science, una
relazione in cui ipotizzava come il battito delle ali di una farfalla in Brasile, a séguito
di una catena di eventi, potesse provocare una tromba d'aria nel Texas. L'insolita
quanto suggestiva relazione, diede il nome al cosiddetto butterfly effect, effetto
farfalla.Una goccia d'acqua che si spande nell'acqua, le fluttuazioni delle popolazioni animali, la linea frastagliata di una costa, I ritmi della fibrillazione cardiaca, l'evoluzione delle condizioni meteorologiche, la forma delle nubi, la grande macchia rossa di Giove, gli errori dei computer, le oscillazioni dei prezzi Sono fenomeni apparentemente assai diversi, che possono suscitare la curiosità di un bambino o impegnare per anni uno studioso, con un solo tratto in comune: per la scienza tradizionale, appartengono al regno dell'informe, dell'imprevedibile dell'irregolare. In una parola al caos. Ma da due decenni, scienziati di diverse discipline stanno scoprendo che dietro il caos c'è in realtà un ordine nascosto, che dà origine a fenomeni estremamente complessi a partire da regole molto semplici."
(J.Gleick, pioniere di una nuova scienza, Chaos)
Nella scienza classica, il caos era5 per definizione ,assenza di ordine. Oggi è considerato una dimensione retta da leggi non definibili, infatti, il concetto di disordine è inteso come complessità.
La teoria del caos è nata quando la scienza classica non aveva più mezzi per spiegare gli aspetti irregolari e incostanti della natura; è innanzitutto una teoria scientifica, nata su sperimentazioni fisiche, biologiche, matematiche, socio-economiche, che ha cambiato l'aspetto del mondo e che in un secondo tempo è stata sintetizzata nelle arti espressive, facendo la sua apparizione nello studio di fenomeni meteorologici.
Le applicazioni pratiche di questa teoria sono dirette nei più svariati campi, in quanto essa permette, con la sua visione della realtà, di scegliere tra una grande abbondanza di opportunità e di raggiungere il principale obbiettivo della scienza oggi e di sempre trovare per mezzo di quali regole è governato 1' universo e in che modo possiamo usarlo ai nostri tini come vagheggiava Bacone. Nell'affermazione di George Santayana "Chaos is a name for any order that produces confusion in our minds", si conferma che il caos, questo punto, non può più essere visto come casualità e totale mancanza di ordine, ma unicamente, come un ordine così complesso da sfuggire alla percezione e alla comprensione umana; un ordine con una logica stocastica e inestricabile dove le regole dell'antica idea di armonia platonica non siano più riscontrabili.
Di conseguenza, i sistemi caotici non possono più essere interpretati esclusivamente come imprevedibili anche se irregolari E' fondamentale sottolineare che il caos non è sinonimo di caso (curiosamente suo anagramma) come la logica potrebbe indurre a pensare e non si può parlare di completo disordine, in quanto i sistemi caotici, alla luce delle nuove scoperte della teoria del caos, sono sistemi dinamici sempre prevedibili a breve termine e, quindi, riconducibili ad una logica nuova più o meno complessa. Si può, dunque, paradossalmente affermare, in base a precise scoperte scientifiche, che nel caos c'è ordine.
La nazione di "organizzazione" evidenzia un processo che si dimostra innanzi tutto imprevedibile, non deterministico, partecipe al tempo stesso di ORDINE e DISORDINE, di condizioni di equilibrio e di non equilibrio.
Alla luce di questo la natura ci si presenta sempre più come una realtà difficilmente definibile determinabile. Infatti venuta attualmente meno la pretesa di un suo completo dominio, ci sembra vada meglio avvicinata l’interno di una ricerca aperta che tenga conto di tutti gli elementi che intervengono ; elementi che evidenziano una certa discontinuità ed ambiguità nella nozione di natura.
In tal modo non trovano più posto tutti i modelli riduzionisti e continuistici di spiegazione. Emerge, invece, una qualche libertà nelle strutture fisiche non deterministiche inteso; perciò diventa impassibile un suo perfetto padroneggiamento oggettivo.
La natura in quanto tale, si presenta in sé imprevedibile disponibile verso sempre nuove ed inedite possibilità di sintesi le quali prendono inevitabilmente corpo qualora si verifichino certe circostanze. Ciò avviene però sempre e portare da certe "strutture" di base che sono assolutamente *****. La nuova visione della natura dunque oscilla tra condizioni vincolanti e libertà tra loro dinamicamente convesse. Evidentemente questo conferisce un certo valore all’idea che nella natura vi sia un certo progresso, una sua storia , che non è tuttavia assolutamente indicabile. Come ha giustamente osservato Italo Mancini a proposito della teoria delle catastrofi elaborata da René Thomson, sono ora di fronte ad una ribellione in favore del nuovo, dell’inedito, del dispotismo. Le ragioni del diverso di fronte all’identico.
E, radicalizzando la cosa, direi che esso lega, in forza di questa ribellione, cosmologica e religione. E si dà così al mondo un incremento d’anima, il senso dell’avvenire, quello delle *** e della fuga dagli errori.
La natura al contrario di quanto sostiene Manod, non si trova in un equilibrio morto, dove l’organizzazione del vivente è semplicemente un’eccezione e deve non ci sono le idee di progresso e libertà, ma bensì è qualcosa di organizzato da leggi che regolano il processo tra ordine e disordine. Di conseguenza possiamo affermare che l’universo è in continua trasformazione è in progresso per le sue intrinseche possibilità e trova spiegazione non dentro di sé, ma altrove.
Questo suggerimento è alla base dell'attuale riflessione sulla natura. Tale apertura conferisce
maggior spazio alla libertà umana che resta irriducibile rispetto ad ogni tentativo di dominio o di comprensione della natura. Ciò restituisce un valore positivo all'uomo che, senza sentirsi schiacciato dalla natura, vi si avvicina per trascenderla.
Di siffatta apertura partecipa anche il sapere scientifico stesso. Infatti la natura in quanto realtà non omogenea ed estremamente complessa, ci appare resistere ad ogni intento conoscitivo inglobante, comprendente, anche per i limiti insiti nel metodo scientifico. Di conseguenza la natura ci si mostra sempre come circoscritta entro i molteplici linguaggi della scienza; di qui l'impossibilità inoltre di sbarazzarci delle nostre conoscenze che sono sempre linguisticamente confinate entro "mappe" o "modelli" che ovviamente non sono la realtà, bensì livelli o aspetti particolari di essa, che resta in sé attingibile.
E in questo spazio di irriducibilità teorica e pratica che si situa una diversa intelligibilità della natura; un'intelligibilità che è estremamente dipendente per un verso dai condizionamenti del nostro conoscere e, per l'altro, da un'emergenza ontologica che sembra affacciarsi dall'epistemologia contemporanea.
Cimentarsi nella ricerca di una definizione esauriente dei fermenti del nostro tempo appare un'impresa quanto mai rischiosa e, sotto parecchi aspetti, sterile.
Il compito sarebbe più facile e interessante se ci si limitasse ad un'analisi condotta attraverso l'individuazione di alcune parole chiave, intese come guide per posare lo sguardo sulla realtà.
Una di queste parole da usare come lente di ingrandimento, soprattutto per esplorare il campo del sapere a noi più vicino, quello della filosofia e della scienza, potrebbe essere senz'altro il termine "crisi".
La storia del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo è infatti segnata, già a partire dalla fine del XIX secolo dalla progressiva presa di coscienza di un lento ma inesorabile dileguarsi delle certezze, dei fondamenti teorici e pratici del sapere. Uno all volta, tutte le categorie del pensare e dell'agire scientifico e filosofico, idee e concetti ritenuti immutabili come il tempo, lo spazio, il rapporto tra cause ed effetto, sono stati messi alla prova.
Assunta consapevolezza di ciò, su un piano più teorico ed intellettuale si è ritenuto che una delle possibili linee di azione fosse, da un lato, quella di trovare nuove risposte, più adeguate al tempo che stiamo vivendo, agli interrogativi classici della filosofia, intesa ancora come sguardo critico sul mondo; dall'altro, si è cercato di costruire un'immagine il più possibile confortante del lavoro e delle prospettive della scienza, la quale ha mantenuto la speranza di continuare a ricoprire il ruolo ereditato dal tempo di Newton e Galileo, di fare illuminante dell'esistenza umana. Su un piano meno astratto, la crisi che caratterizza il nostro secolo è però una crisi di tipo esistenziale, profonda e diffusa a livello globale; nessun aspetto della nostra vita ne è immune, a partire da questioni come la salute, i mezzi di sussistenza, la qualità dell'ambiente e dei rapporti sociali, l'economia, la tecnologia. Si è sviluppata insomma la coscienza di una serie impressionante di emergenze, che coinvolgono l'umanità, a tutti i livelli in un tentativo di ricerca di nuove soluzioni. L'immagine stessa della filosofia e della scienza ne risulta quindi modificata: il sapere ereditato dall'età moderna, per poter sopravvivere, deve mettere in discussione uno dopo l'altro tutti i suoi fondamenti, ma soprattutto deve scoprirsi ancora capace di calarsi nella vita reale, e rispondere alle domande sempre più pressanti che essa gli pone.
continua.............
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ciao max, che piacere leggerti, da quanto tempo, grazie a Tiz ti riscopro.. e in gran forma, non perdiamoci di vista mi raccomando e continua così alla prossima ciao Marco
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